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Il traffico della Domenica pomeriggio non è un evento sporadico o casuale; sistematico, quasi programmato, il flusso delle automobili si blocca lungo la strada adiacente al torrente Polcevera. Spesso penso esista una legge fisica o una funzione matematica che ne regoli l'avvenimento. Pochi metri dopo, i neon dei centri commerciali mi fanno miracolosamente rinsavire.

Mi trovo anch'io lì, lungo un fiume d'asfalto cosparso da scatole di lamiera. Intorno a me decine di nervosi automobilisti, convinti che il suono del clacson possa far muovere di qualche metro le macchine altrui. Non capisco la loro agitazione, io non posso desiderare di meglio: il silenzio all'interno dell'abitacolo mi permette di discutere con me stesso, di riflettere, di programmare. Ad accompagnare i miei pensieri solo il costante lamento dei tergicristalli sul parabrezza; mossi da un ineguagliabile orgoglio, mi danno l'idea di voler sconfiggere la pioggia prendendola per stanchezza, di voler sfidare le intemperie asciugando il vetro una goccia alla volta.

Maria mi aspetta all'angolo della strada, un paio di chilometri più avanti. Si fa scudo dall'acqua con un minuscolo ombrello viola, probabilmente acquistato a una bancarella, che la costringe a rendersi ancora più piccola e minuta di quanto in realtà già sia. Mi conosce da più di vent'anni, ma ad 

 

 

 

IL PUNTO DI NON RITORNO

ogni incontro mi dimostra il suo affetto in maniera sincera e unica. Perfino il suo modo di salutarmi è diverso; non si limita ad appoggiare gli zigomi ai miei, baciando l'aria sopra le mie spalle. Vuole farmi sentire il calore delle labbra, accompagnando ogni singola effusione con un rumoroso schiocco. Sa quanto possa essere agitato a una settimana dal matrimonio con Simona e quanto possa mettermi in difficoltà rispondere a inutili domande; salita in macchina decide di restare in silenzio e sorridere, fissandomi con i suoi piccoli occhi cerulei. Anche per questo è la mia amica più cara.

Lentamente il traffico torna a scorrere e raggiungiamo il lungomare di Pegli in poco meno di venti minuti. Ha smesso di piovere, ma poche persone hanno deciso di sfidare l'instabilità del cielo. A farci da colonna sonora solo l'infrangersi delle onde sugli scogli e il timido cinguettio degli uccelli, quasi volessero festeggiare con noi una possibile, ma improbabile, sortita del sole al di là delle nuvole. Il silenzio nelle mie orecchie entra violentemente in contrasto con le domande che pulsano nel mio cervello; a breve giurerò eterna fedeltà alla mia compagna, promettendole di amarla e onorarla finché la morte, o qualcosa di decisamente più terreno, ci separerà. La consapevolezza di essere giunto al punto di non ritorno mi mette con le spalle al muro.

Maria mi segue taciturna, mettendo un piccolo passo dietro l'altro. Conosce il mio silenzio e con adorabile tempismo prende la mia mano. Mi fermo a fissare i suoi occhi azzurri alla ricerca di risposte che non mi darà, ma mi comunicherà in ogni caso. Sorride, lasciando orgogliosamente intravedere sul suo viso gli inevitabili segni del passare degli anni. Improvvisamente sento la mente alleggerirsi e smetto di pormi inutili domande; chiudo gli occhi qualche secondo, assaporando l'aria salata che aleggia sul molo di Pegli. Poi, come facevo da bambino, mi limito a stringere forte la mano di mia madre, della mia amica più cara, e continuo a camminare. In silenzio.

 

 

           Federico E. Mariotti

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